Pizza House Restaurant (2008)

 

dedicato a Pinuccio e Massimo Mascia e a tutti i migranti 

Esito finale del laboratorio teatrale condotto da Silvia Cattoi e Juri Piroddi

collaborazione di Sergio Cadeddu

testi rielaborati da: Massimo Carlotto, Antonella Fiera, Marcello Fois, Aldo Nove, Arnold Wesker

colonna sonora: Goran Bregovic, Rossomaltese, Daniele Sepe, Tupamaros, Amy Whinehouse

con gli allievi: Sergio Barca, Luca Barroi, Fabio Loi, Sara Loi, Federico Lotto, Veronica Cabras, Francesco Coda, Michele Contu, Pollaccia Elisabetta, Marcello Sardanu

tutor: Paola Dei e Antonella Fiera


Frammento del pastore diventato sguattero (da Aldo Nove).

Ma lo sai cosa vuol dire, oggi, in Sardegna, fare il pastore? Morire di fame, vuol dire. E sai perché? Perché fino a qualche anno fa riuscivamo a mantenere la famiglia, e anche a mettere da parte qualche soldo. Adesso non riusciamo a sopravvivere. Quindi si muore di fame, e non è un modo di dire. E sai cos’è successo? Il prezzo del latte di capra, al litro, è passato da 1700 lire a circa 50 centesimi di euro – 56, per la precisione! Non so se ti rendi conto… Pensa a quanto costa un litro di acqua minerale, una qualunque acqua minerale. Ecco, vale di più del nostro latte. Con l’entrata dell’euro, poi, sono saliti alle stelle i prezzi dei mangimi, delle attrezzature, mentre il nostro latte veniva pagato la metà. Il doppio delle spese, la metà del guadagno. Ma non se ne è parlato: ne avete mai sentito parlare voi? Eppure sono più di 50 mila le persone che lavorano e vivono di pastorizia in Sardegna. Alzarsi ogni giorno alle cinque del mattino, andare al pascolo e mungere il latte che poi viene versato a quelle bestie maledette degli industriali. Quei cani che prima sono stati foraggiati da contributi statali, dalla Regione e con l’appoggio dei sindacati di categoria. E poi, loro, si sono fatti le aziende, i caseifici, tutto nuovo! E dopo essere diventati delle potenze, si sono presi la gestione del mercato del latte e se lo giostrano come gli pare. Sapete come funzione? A novembre, quando inizia la campagna del latte, dopo che si sono ammazzati gli agnelli, gli industriali fanno il giro di tutta la Sardegna, si mettono d’accordo fra loro e noi, messi con le spalle al muro, dobbiamo accettare il prezzo che ci viene imposto per versare loro il latte. Lo dobbiamo fare per legge, non c’è scelta. Lo dobbiamo versare tutto, c’è la Finanza che controlla. E poi il latte lo esportano in Turchia, magari, o in Romania, dove viene lavorato e poi riportato in Italia e venduto come formaggio sardo, con sopra la bella etichetta del pastore, magari con il nuraghe dietro…
E tutto nel silenzio dei mezzi d’informazione.
Sapete qualcosa, voi, della lingua blu? Quella della lingua blu è stata un’epidemia che ha sterminato 1 milione di pecore! Non ne sapete nulla, vero? Le informazioni sulla Sardegna si disperdono nel Mediterraneo. Sempre. La Sardegna è diventata un enorme villaggio turistico: l’isola dei sederi nudi stesi a prendere il sole. Delle feste a base di coca e champagne per miliardari e politici rampanti, in Costa Smeralda! Chi se ne frega della storia della Sardegna, delle usanze millenarie del suo popolo! La Sardegna, oggi, nel mondo, è Briatore! Che l’unica Sardegna che conosce è quella dei sardi che ti portano le ciabatte in camera!
Ma questo nessuno lo sa, non passa!
Non siamo andati ad occupare i porti e gli aeroporti della Sardegna. Anche se è una cosa che avremmo dovuto fare, è un’idea che circola da po’ di tempo. Basterebbero tremila persone. Per quindici giorni, chi è dentro è dentro e chi è fuori è fuori. Allora sì, parlerebbero dei pastori!